I numeri dell'eolico
Scritto da Ass.ne Progetto Comune   
Martedì 21 Giugno 2011 22:14

Foto parco eolicoPartecipare alla conferenza di servizio del 6 Giugno a S.Gavino tenuta dalla Medio Campidano Eolica è stato a tratti umiliante e offensivo.

I tecnici incaricati dalla società sembravano i primi conquistatori europei che in terra americana incantavano gli indigeni con specchietti e perline di vetro. La cosa peggiore è che, in questo caso, i portavoce dell’impresa erano sardi come noi.

Ci mostravano campi agricoli desolati, raccontavano, mentendo, dei binari ferroviari della zona industriale come di opere private non impiegate da anni e costruite a solo scopo speculativo.

Si proponevano di ripristinare qualche canale di bonifica infestato dalle erbacce, della cui manutenzione dovrebbe invece occuparsi l’apposito consorzio al quale tutti i proprietari terrieri già pagano annualmente le bollette. Facevano capire, senza dirlo a chiare lettere, che col parco eolico tutto sarebbe cambiato in meglio.

Non una simulazione grafica sul risultato estetico del parco è stata mostrata; le foto delle aree interessate erano sempre immortalate da grandi distanze, solitamente in presenza di nebbia, molto schiacciate e allungate, col chiaro intento di nascondere l’effetto finale dell’opera che la società si vuole apprestare a realizzare.

Sconcertante è stato l’accanimento dei proprietari terrieri in difesa dell’osso che temevano gli venisse scippato; per non parlare della difesa strenua al progetto da parte degli amministratori del comune di S.Gavino: una pessima figura da straccioni, che, con la scusa della crisi e della povertà, dei terreni agricoli oramai devastati e senza valore, giustificavano le concessioni per quattro soldi al peggior offerente.

Alla richiesta di fornire i dati economici dell’opera c’è stato un iniziale rifiuto seguito dall’elencazione di dati che non portavano al valore netto utile. Solo l’intervento del rappresentante regionale, che ha specificato che l’autorizzazione al parco passa proprio attraverso il dato economico, ci ha consentito di scoprire quanto valgono quegli aerogeneratori da 3MW, alti fino a 176 metri all’apice della pala. È stato allora evidente la ragione del tentativo di occultare o manipolare i dati.

Per riepilogare:

  • l’installazione di un aerogeneratore da 3MW, comprese le infrastrutture costa tra i 3 e i 4,5 milioni di euro;
  • Il ricavo tra certificati verdi è incentivi è di circa 1.000.000 di euro all’anno, ovvero l’opera si ripaga in quattro, cinque anni e il contratto di fornitura dura 30 anni;
  • al proprietario terriero vanno 6000 euro all’anno, cioè lo 0,6% del ricavato;
  • l’amministrazione comunale percepisce un massimo del 3% sul ricavato, ovvero un massimo di 30.000 euro all’anno;

 

Ci si vorrebbe fermare qua, ma la questione purtroppo è ancora più spinosa.

In tema di impatto ambientale, per il totale dei 127 aerogeneratori previsti, non esiste una simulazione grafica che valuti il risultato estetico globale, né uno studio sul campo elettromagnetico generato dalle centrali di trasformazione e dalle linee di trasporto dell’energia, o l’analisi fluidodinamica relativamente agli effetti acustici complessivi e di interferenza sulle correnti e conseguenti variazioni climatiche locali che una barriera di pale così consistente potrebbe generare.

Inoltre, è bene che si sappia, la garanzia per lo smantellamento di questi giganti alla scadenza dei 30 anni è rappresentata da una fidejussione bancaria che, come la miniera di Furtei insegna, non è garanzia di alcunché. E non è prevista la demolizione della piattaforma di cemento, il che significa che i 127 plinti delle torri di circa 2300 metri cubi ciascuno rimarranno perennemente interrati nel suolo a 60 centimetri dalla superficie. Alla faccia del ripristino ambientale.

Ritornando su questioni prettamente tecniche ed economiche.
La Sardegna già produce energia elettrica in eccesso. Nella nostra isola ci sono tre grosse centrali termoelettriche di seguito elencate.

 

  1. Sarlux di Sarroch del Gruppo Saras (575MW), che brucia scarti di lavorazione del petrolio (il TAR) per cui dovrebbe pagare ingenti costi di smaltimento ma che invece beneficia degli incentivi per le rinnovabili grazie ad un sistema nato nel 1992 con il benestare del Governo per scaricare sulla bolletta dell'Enel alla voce A3 l’energia prodotta da fonti rinnovabili o “assimilate”;
  2. Enel a Portovesme (720 MW) per la quale da oltre un decennio si sta portando avanti un progetto di potenziamento dell’impianto per bruciare il carbone sardo;
  3. E.ON di Fiumesanto (982 MW) ad alimentazione mista a olio combustibile, carbone e gas.

 

E per smaltire l’eccesso elettrico prodotto in loco, tre cavidotti della potenza complessiva di circa 1300MW la collegano alla penisola. Nel 2009 la Sardegna ha prodotto oltre 13.150 GWH di corrente a fronte di un consumo di 11.809 GWH.
Nonostante ciò, non esiste un piano di ridimensionamento o sostituzione delle centrali tradizionali e oltre ai progetti eolici portati a compimento e attualmente funzionanti, se prendiamo in considerazione tutte le richieste di nuove installazioni che copiosamente inondano le amministrazioni comunali, si capisce come la nostra regione sia diventata una sorta di terra di conquista.

Nel resto dell’Italia il bilancio energetico non si discosta dal nostro: i numeri dicono che la potenza installata è superiore ai 100 GW, cioè di gran lunga maggiore di quella richiesta. Dalla relazione annuale pubblicata sul sito della Terna, relativamente ai consumi nazionali, viene riportato che “..nel luglio 2010 si è per ora raggiunto provvisoriamente un massimo pari a 56,425 GW.” e ancora “..per la copertura del carico massimo nel 2020 si stima adeguato un fabbisogno di generazione disponibile di circa 90 GW.”
In sintesi, l’Italia è autonoma in termini di potenza installata e di energia producibile. Il black out del 2007 fu causato dall’inadeguatezza della rete elettrica italiana, non alla poca potenza disponibile.

L’Italia acquista energia elettrica dall’estero perché le conviene in quanto le centrali nucleari da cui attinge devono produrre a ritmo constante mentre le termoelettriche possono essere modulate. Quindi di notte, quando i consumi elettrici calano, paesi come la Francia sono costretti a cedere energia a prezzi irrisori e l’Italia può ridurre la produzione nazionale rifornendosi dall’estero a tariffe vantaggiose.

Ne risulta che l’installazione degli impianti di produzione di energia alternativa non ha lo scopo di sostituire gradualmente quelli a combustibili fossili. Questo perché non esiste un piano energetico sia nazionale che regionale che lo preveda. Succede allora che buona parte dell’energia prodotta da fonti energetiche alternative viene immessa inutilmente in rete a solo scopo lucrativo. Da un articolo pubblicato su Il Messaggero del 10.11.2010 a firma di Nino Cirillo, risulta che nel solo 2008 il Governo italiano ha sborsato 1.230 milioni in certificati verdi pagati grazie all’addizionale sulla bolletta e che la metà di questa somma è stata spesa per rimborsare un “eccesso di offerta”. E sempre nel solo 2008 i sussidi erogati sono stati pari a 2,3 miliardi di euro.
Le fonti rinnovabili rappresentano il nostro futuro e devono essere sostenute, ma non la speculazione selvaggia e la conseguente devastazione ambientale che ne deriva. La loro realizzazione deve essere inserita all’interno di validi piani energetici nazionali, regionali e provinciali che:

 

  • individuino esattamente le reali esigenze elettriche nazionali e le previsioni di consumo future;
  • realizzino una mappa delle produzioni e dei consumi affinché le fonti di produzione siano dislocate quanto più possibile vicine a quelle utilizzo;
  • prevedano un intervento serio di razionalizzazione dei consumi e un piano di razionalizzazione delle rete elettrica nazionale per evitare perdite nel trasporto elettrico e disfunzioni o black out come quello del 2007;
  • ricorrano alla differenziazione della produzione elettrica attraverso fotovoltaico, eolico, idroelettrico, geotermico e biomasse;
  • agevolino la microproduzione in loco e la costruzione di reti intelligenti per la loro gestione a livello cittadino;
  • incentivino l’efficienza energetica negli edifici, nelle industrie e nei trasporti;
  • avviino la graduale sostituzione delle centrali a combustibile fossile con quelle a energia alternativa.

 

L’eolico in Sardegna può rappresentare una fonte di risanamento e rilancio economico oltreché sociale, in quanto i benefici economici derivanti dalla produzione energetica possono essere reinvestiti per favorire il recupero delle attività economiche tradizionali, il finanziamento delle scuole e della ricerca, il recupero ambientale del territorio devastato da anni di sfruttamento incontrollato anche in nome di un’industrializzazione che ha arrecato tanta sofferenza ambientale e sociale.

Il vento, come il sole, l’acqua e l’aria non possono essere oggetto di speculazione privata. La gestione delle risorse va regolamentata e, soprattutto, va fatta secondo una logica di sfruttamento razionale e rispetto ambientale. I cittadini tutti devono poter beneficiare di quanto la natura mette a disposizione. In una società che si possa definire tale, moderna ed evoluta, non è ammissibile trovarsi nella condizione di una fetta imponente di popolazione che lavora per compensare chi con piccoli investimenti guadagna cifre folli grazie ai contributi statali.

In una società moderna l’evoluzione tecnologica e la crescita economica devono servire ad alleggerire il carico di lavoro a favore di una maggiore disponibilità di tempo libero per l’individuo e le sue attività sociali. La qualità della vita intesa come tempo libero da dedicare a se stessi e agli altri, le garanzie sociali rappresentate dai diritti al lavoro, alla sanità, all’istruzione e alla cultura, il senso civico e la coesione sociale devono rappresentare le nostre priorità.