Fermiamo la Megacentrale - Comunicato stampa
Scritto da Ass.ne Progetto Comune   
Giovedì 30 Giugno 2016 16:05

NoMegacentraleLocandinaQuesto il COMUNICATO STAMPA diramato dagli organizzatori della manifestazione “Fermiamo la Megacentrale” (L'Associazione Progetto Comune è tra i promotori ):

Sabato 2 luglio 2016 dalle ore 9.00 alle ore 12.00 si terrà un sit-in di protesta all'incrocio tra la S.S. 197 Guspini – S. Gavino e la S.P. 72 Pabillonis – Gonnosfanadiga.

I promotori dell'iniziativa, comitati, associazioni ambientaliste e enti comunali, intendono portare all'attenzione delle istituzioni, della politica regionale e nazionale, il nodo irrisolto della speculazione energetica rampante attiva sul territorio isolano e in particolare su quanto previsto o già attivo nel Medio e Basso Campidano.

Lo scenario ambientale e socio-economico globale richiede scelte politico-programmatiche incisive e non più rinviabili per rallentare l'avanzare dei cambiamenti climatici nel breve periodo, e fermarli nel medio e lungo periodo; la successione dei fenomeni connessi innesca nuove drammatiche emergenze, e ciascuno è chiamato ad assolvere una parte del compito.

La principale correzione al problema in atto è il rafforzamento della produzione di energia da fonti rinnovabili, che vadano in sostituzione all'uso massiccio delle fonti fossili, causa principale del problema, che si ricollega a un modello di sviluppo non più percorribile. In questa cornice trovano terreno fertile le più disparate proposte che, sotto il segno o la parola di rinnovabili, celano giochi speculativi operati in spregio di altre risorse importantissime ma più nascoste agli occhi della maggioranza, che rinnovabili non sono, come il suolo fertile e l'acqua; speculazioni portate avanti in generale spregio dell'ambiente, nonché delle potenzialità espresse e inespresse dei territori coinvolti, piaga accentuata dall'assenza di una reale e partecipata programmazione in campo energetico, a livello sia nazionale che regionale; quest'ultima in particolare spesso non va oltre proclami di principio senza effettiva applicazione, e quando applicati risultano palesemente viziati.

Si deve comprendere che non tutto ciò che si autodefinisce “rinnovabile” lo è veramente, spesso non è né rinnovabile né sostenibile. Nel disordinato puzzle delle proposte speculative trovano il loro spazio anche le centrali termodinamiche solari a concentrazione da 55 MWe, proposte in prossimità di Guspini–Gonnosfanadiga-Villacidro e di Villasor–Decimoputzu, grandi impianti industriali di più di 230 ettari ciascuno proposti su terreni agricoli, che danneggerebbero gravemente l'assetto territoriale senza portare alcuno delle sbandierate diminuzioni alle emissioni di anidride carbonica, facile slogan da porre a pezza giustificativa ad interventi non sostenibili, a solo vantaggio dei proponenti e delle multinazionali. I territori interessati non possono sottacere o accettare scelte palesemente irrazionali e dannose, non possono rinunciare a vaste aree destinate ad usi agricoli e pascolativi, fonte di produzione di beni alimentari (bene strategico al pari dell'energia), del quale oggi la sola Sardegna importa oltre l'80%, sede di importanti servizi ecosistemici come il filtraggio e la regolazione delle acque meteoriche, che gli impianti proposti azzerano in modo permanente.
All'inverso l'isola si ritrova con una produzione energetica superiore al fabbisogno, surplus legato anche alla crisi delle maggiori industrie energivore; al contempo la nostra produzione energetica da fonti rinnovabili è di tutto rispetto, ma viene esportata dall'isola e immessa nella RTN senza influire sulla diminuzione dell'utilizzo di fonti fossili, anzi in parte viene letteralmente sprecata a causa di infrastrutture energetiche sottodimensionate, mentre il territorio porta i segni di queste “rinnovabili”, a servizio di società senza scrupolo che rapinano il territorio e lasciano macerie.
Al contempo sono noti già da tempo i conflitti tra territorio e impianti di produzione da rinnovabili, e altrove, come in Francia, in Olanda, negli USA e anche nel resto d'Italia si studiano i modi per non sovrapporre due esigenze inconciliabili. Una soluzione semplice nel caso in esame è stata più volte enunciata: tali centrali vanno collocate in zone industriali, infrastrutturate allo scopo, lasciando intatte porzioni di territorio fondamentali per altri usi, non industriali.

La speculazione di cui queste società sono portatrici, non può far pagare col danno territoriale il minor costo che dovrebbero sostenere nell'acquisto di terreni agricoli, che per la maggior parte verrebbero ottenuti con l'istituto dell'esproprio, grazie anche a una carenza legislativa. Si deve rimarcare che comitati, cittadini ed enti locali non sono i soli a ritenere intrinsecamente dannosa la collocazione scelta per questi impianti, come dimostrato dalla mole di dati prodotti con le osservazioni tecniche: infatti benché da oltre tre anni, da quando la proponente è riuscita a spostare dall'ambito regionale a quello nazionale la valutazione, ancora la Commissione Tecnica di Valutazione di Impatto Ambientale tentenni e continui a prorogare i termini del procedimento, i pareri negativi espressi dai vari enti interpellati (simili alle obiezioni mosse dai comitati e da altri) dovevano da tempo farlo concludere sfavorevolmente alla società proponente.
Un'informazione e una discussione più ampia su tutto quanto sopra per sommi capi enunciato, sono state l'obiettivo di tante assemblee e iniziative proposte dai comitati. Con la manifestazione i promotori intendono richiamare l'attenzione delle istituzioni nazionali e dei cittadini tutti, ma soprattutto della parte politica regionale che mai si è pronunciata in proposito, nonostante il lodevole lavoro svolto dagli uffici tecnici preposti alle valutazioni, espressisi tutti negativamente verso questi impianti. Si evince che la riflessione è ampia, e abbraccia vari aspetti dell'intero comparto energetico che non può e non deve essere delineato da società che per loro missione devono curare solo il proprio profitto.